Il futuro passa dagli aquiloni |
Pubblicata in data 21/4/2011Il futuro passa dagli aquiloni
Si chiama Kite Gen, egrave; un progetto tutto italiano e con il vento d’alta quota, dove le pale eoliche non arrivano, produce energia. Il tutto riducendo costi e impatto ambientale. "Ed ecco ondeggia, pencola, urta, sbalza, risale, prende il vento; ecco pian piano tra un lungo dei fanciulli urlo s'inalza" (da L'Aquilone, di Giovanni Pascoli). Da qualche mese nel cielo di Sommariva Perno, in provincia di Cuneo, vola un aquilone speciale. Tutto arancione, è grande cinquanta metri e pesa 12 chili. E' appeso a un lungo braccio, qualcosa che assomiglia a una canna da pesca. Il braccio finisce dentro una cupola costruita sul terreno. Gli scienziati di mezzo mondo guardano curiosi i volteggi di questo aquilone, la cui costruzione è costata in tutto tre milioni di euro messi dalla famiglia Comino, imprenditori della zona. Vogliono capire se davvero sarà in grado di mantenere le sue incredibili promesse: alimentare i consumi energetici del pianeta con costi ridotti e un impatto ambientale minimo. Quello di Sommariva è il primo test concreto di applicazione del Kite Gen, l'aquilone che produce energia elettrica. Un progetto che è stato elaborato da una squadra di scienziati coordinata da Massimo Ippolito, titolare della Sequoia Automation, azienda di sistemi automatizzati. Il sistema eolico terrestre ha 3.600 terawatt di potenziale elettrico. Una risorsa naturale di due ordini di grandezza superiore ai 15 terawatt di potenza elettrica che oggi l'umanità produce. Più si sale, più tira vento. Le stime sulla velocità media dell'aria a livello globale dicono che a dieci metri dal suolo il vento va a 3,3 metri al secondo, a 80 metri la velocità aumenta fino a 4,6 metri al secondo e a 800 metri arriva a 7,2 metri al secondo. Il Kite Gen produce energia sfruttando le correnti di vento ad alta quota, là dove le pale eoliche non saprebbero mai arrivare. L'impianto Kite Gen è formato da una cupola in vetro dalla quale parte un braccio mobile lungo circa 25 metri, dall'aspetto simile a quello di una canna da pesca. Al braccio è attaccata con due cavi sottili una vela come quelle da kite surf che due ventole lanciano in aria. Nel cielo l'aquilone compie vorticosi giri a forma di otto per sfruttare al meglio l'energia del vento. è guidato da un avanzato sensore di posizione triassiale (invenzione della Sequoia Automation di Ippolito, che già la applicava sui velivoli ultraleggeri) che consente un controllo remoto dei movimenti. Nella cabina a terra ci sono computer che, attraverso le informazioni che arrivano dalla vela, sono in grado di trovare il miglior vento del momento, e quindi orientano il kite in maniera ottimale. L'energia si ottiene attraverso il movimento dei cavi che, tirati dalla vela, a terra azionano due cilindri meccanici. Il loro movimento è trasformato in energia elettrica da un alternatore. Quando la vela tira il cavo al massimo, viene velocemente riabbassata per riniziare il suo rondò. Il consumo di energia necessario a questa operazione è pari a una frazione minima dell'energia prodotta nella fase di srotolamento. A terra anche la sala macchine ruota, per seguire la direzione del vento. In assenza di movimento d'aria i cavi si riavvolgono e fanno scendere il kite. I costi sono competitivi. Alla Kite Gen hanno fatto i calcoli sulla base di diverse variabili: produttività, costi di costruzione, tassi di interesse per finanziare la costruzione. Nel caso peggiore (cioè con bassa produttività, alto costo dell'impianto e maggiore tasso d'interesse) l'impianto ha costi paragonabili a quelli delle altre principali fonti rinnovabili, come eolico, geotermico, biomasse e sarebbe remunerativa grazie ai certificati verdi. Nel caso migliore (e quindi alta produttività, basso tasso d'interesse, basso livello di spese operative e per ricambi) i costi sono estremamente bassi (tra i 3 e i 5 centesimi per Kwh), paragonabili a quelli del carbone. In tal caso la redditività sarebbe assicurata anche senza alcun incentivo, in quanto altamente competitivi con le principali fonti energetiche. Per ora si ragiona molto in linea teorica. Ma presto arriveranno i primi risultati sull'andamento dell'impianto di Sommariva, che ha un megawatt di potenza ed è ancora in fase sperimentale. Dovrà funzionare un paio di mesi per dare cifre considerate attendibili. Poi dovrà arrivare a lavorare almeno 6mila ore all'anno per dare un'idea concreta delle sue possibili applicazioni su larga scala. Comunque sono già in cantiere altri due aquiloni, grandi il triplo di questo, che produrranno tre megawatt di potenza.
Se il test di Sommariva avrà successo, questa tecnologia potrà trovare nuove applicazioni. I generatori di energia kite di questo tipo (si chiamano modello Stem, perchè li sorregge un gambo simile a uno "stelo") possono essere uniti per creare un generatore più grande. L'azienda ha già i progetti pronti per la possibili realizzazione di Wind Farm, dove una serie di generatori sono raggruppati in uno spazio unico, così da moltiplicare l'energia prodotta. Nei piani ci sono anche applicazioni offshore. In mare, infatti, c'è molto spazio e molto vento. Gli impianti eolici offshore basati sulle pale hanno però problemi di efficienza. In particolare perchè le pale rischiano di ribaltarsi. Un'insidia che praticamente non esiste per piattaforme che ospitano invece centrali di impianti kite. La soluzione più ambiziosa sarebbe il Kite Gen Carousel: presuppone una struttura circolare di base alla quale sono legate molte ali orientate dai sensori per sfruttare al massimo la potenza del vento. Le ali, regolate in altezza attraverso i fili, farebbero girare turbinosamente la base producendo così un'impressionante quantità di energia. I calcoli di Kite Gen dicono che con una struttura di 800 metri di diametro si riuscirebbe a produrre la stessa energia prodotta da 150 torri eoliche. Con la differenza che se a 150 torri servono circa 40 chilometri quadrati di spazio, qui ne basterebbero cinque. Applicato in larga scala il Carousel ha un grandissimo potenziale. Con un cerchio del diametro di un chilometro si potrebbero produrre 100 megawatt di potenza. E un teorico anello di 25 chilometri di diametro, con profili alari che volano fino a 10 chilometri di altezza, sarebbe in grado di produrre 60 gigawattora di potenza. Significa che potrebbe alimentare quasi l'intera Italia.
Per prima cosa bisognerà vedere se funzionerà davvero. L'Italia ci spera. Questo progetto tutto nazionale (esistono casi simili all'estero, ma sono molto più indietro) ha catturato l'attenzione delle comunità scientifiche e dei media di mezzo mondo (ne ha parlato anche il Washington Post). Il Kite Gen è stato anche selezionato dai valutatori dell'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione della presidenza del Consiglio dei ministri come progetto portabandiera tra i quelli che hanno rappresento l'innovazione italiana presso l'Expo di Shangai del 2010. Ma i riconoscimenti sono numerosi. Con uno studio sul principio del Kite Gen, Lorenzo Fagiano, post-dottorato al Politecnico di Torino, ha vinto l'Eni Award al debutto nella ricerca, e il progetto è anche stato inserito tra le 20 migliori idee innovative al mondo nel rapporto "Heroes of the Green Age" in occasione del recente summit sul clima a Copenhagen. Su Facebook la comunità dei fan dell'energia dall'aquilone si tiene sempre aggiornata sugli sviluppi del progetto nel gruppo "Sosteniamo Kite Gen", che ha 500 iscritti. |